Palazzo JACOBILLI RONCALLI
Negli anni 1591-92 il mercante Giovanni Martino Roncalli, cavaliere gerosolimitano di origine bergamasca, attivo a Foligno già dal 1560, acquistò alcuni edifici e magazzini sulla direttrice commerciale di via della Fiera, con la volontà di edificarvi un’ampia dimora familiare, divenuta nel secolo seguente la sede di rappresentanza della famiglia (G. Metelli 1996-97; F. Bettoni, B. Marinelli 2001).
La definizione dell’immobile sarebbe avvenuta entro il 1667, tramite l’ampliamento del nucleo originario con nuove proprietà contigue, acquistate ai Gentili, ai Gregori e ai Cattani.
Nel 1690 il palazzo fu oggetto di una prima spartizione tra i diversi rami della famiglia (F. Bettoni, G. Marinelli 2001).
L’assetto ancora apprezzabile dell’edificio è caratterizzato da un’ampia facciata liscia, solcata da due cornici marcapiano che separano in tre fasce murarie il prospetto: la zona basamentale contrassegnata da ampie botteghe e stallaggi su strada, quella del piano nobile con mezzanino, e quella del piano superiore, destinato ai rami cadenti.
Al portale cinquecentesco con bugne a punta di diamante, centrato sulla prima cellula edilizia, nel corso della ristrutturazione barocca venne aggiunto un secondo ingresso, meno enfatico del primo per il materiale e le dimensioni, ma evidenziato da un balcone su mensoloni con balaustra in ferro battuto che ne sottolinea l’assialità rispetto al nuovo prospetto a sette campate inglobate le acquisizioni seicentesche.
L’aggiornamento del fronte non è esente dalle permanenze di motivi decorativi e linguistici tardo manieristici, come si evince dalle finestre a cartoccio del mezzanino, in somiglianza a diversi altri palazzi coevi di Foligno.
Di vasta portata fu la campagna decorativa finalizzata a conferire solennità e prestigio al piano nobile, realizzata prima della definitiva configurazione del palazzo.
Celebre già tra i contemporanei era la decorazione del salone di rappresentanza, dedicato ad Apollo, ricordato in una memoria del 1698 coma la “sala dorata” (B. Marinelli 1997).
La volta a padiglione, rivestita di stucchi e grottesche, conserva nel riquadro centrale una tela di Apollo, attribuita al Pomarancio (Cristoforo Roncalli, 1552-1626), espressione di un gusto ancora tardo manieristico nell’accostamento dio stucco e olio su tela (V. Casale 1990).
Le decorazioni a rilievo, attribuite al ticinese Francesco Silva – noto per un intervento nella cattedrale di S. Feliciano poi rimosso da un restauro settecentesco (G. Sapori 1989) – investono le unghie e le lunette della volta con un esuberante apparato di cordoni, frontoni centinati, stemmi, colonne tortili, putti con trombe, sottolineando la struttura architettonica dell’ambiente, e includendo in un sistema unitario i riquadri e le specchiature decorate a fresco con soggetti bucolici.
Un articolato programma iconografico si dipana dall’effige centrale di Apollo, disponendovi attorno, in quadrature poligonali a stucco, le figure dei Quattro Elementi, le Virtù cardinali e teologali, Santa Cecilia, la Minerva, e altri soggetti sacri e mitologici (V Casale 1990).
A causa di divisioni ereditarie, la proprietà del palazzo venne nuovamente smembrata a partire dal secondo decennio dell’Ottocento, come appare in maniera evidente dalle disordinate modifiche subite dal cortile.
In seguito assumerà il nome di palazzo Ercoli (F. Bettoni, P. Nobili in F. Bettoni 1997).
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